giovedì 27 settembre 2018

Cartelle di pagamento, come fare in caso di prescrizione quinquennale

Cartelle con prescrizione quinquennale: quali sono?

Le cartelle che si prescrivono in cinque anni solo quelle relative a:
  • Imu,
  • Tasi,
  • Tari (l’imposta sui rifiuti),
  • multe stradali,
  • sanzioni amministrative (ad esempio quelle per un protesto),
  • contributi di previdenza dovuti all’Inps,
  • Per tutte le altre cartelle di pagamento, escluse solo quelle relative al bollo auto (che si prescrivono in tre anni), vale la prescrizione di dieci anni. Si tenga tuttavia conto che, di recente, svariati giudici (ma tra questi non c’è ancora la Cassazione) hanno ritenuto che la prescrizione di Irpef e Iva debba essere di cinque anni e non dieci.

    Cartelle con prescrizione quinquennale: come fare?

    In merito alle imposte che abbiamo appena elencato per le quali vale la prescrizione quinquennale, ecco alcuni utili suggerimenti per “togliersi di torno” il debito.
    La prescrizione può riguardare la cartella o l’imposta. In entrambi i casi, come detto, il termine è sempre di cinque anni. Cerchiamo di spiegarci meglio.

    Prescrizione quinquennale dell’imposta

    Si prescrive l’imposta quando, dall’anno successivo a quello in cui il tributo è dovuto, decorrono cinque anni senza che il contribuente abbia mai ricevuto un avviso di pagamento. Così, se dovesse arrivare direttamente la cartella o un accertamento questo sarebbe illegittimo. Facciamo un esempio. Un contribuente non paga l’Imu per il 2012. Nel 2018 riceve una cartella o un avviso di accertamento da parte del Comune: questi atti sono illegittimi perché l’imposta si è ormai prescritta.

    Prescrizione quinquennale della cartella

    Si prescrive la cartella, invece, quando dalla notifica di quest’ultima l’Agente della Riscossione non svolge alcun atto: non invia quindi solleciti, intimazioni di pagamento, non iscrive fermi o ipoteche, non avvia un pignoramento. Facciamo, anche in questo caso, un esempio pratico. Immaginiamo che Luciano riceva una cartella nel 2010 per la Tasi e la Tari. Da allora in poi non ha mai ricevuto alcun altro atto. Nel 2018 l’Esattore gli invia un preavviso di fermo auto. Luciano potrà impugnare tale atto in quanto si riferisce a una cartella ormai caduta in prescrizione. Se però Luciano dovesse aver ricevuto, nel 2014, un sollecito di pagamento la prescrizione si compirebbe solo nel 2019.

    Come accorgersi che si è verificata la prescrizione?

    A questo punto ti chiederai: come faccio ad essere certo che una imposta o una cartella è caduta in prescrizione? Hai due modi. Il primo è quello di verificare nel tuo archivio quali atti e raccomandate ti sono state notificate; devi però essere certo di aver ritirato qualsiasi avviso di giacenza eventualmente lasciato dal postino nella tua casetta delle lettere. Il secondo è di presentarti all’ufficio e presentare una istanza di accesso agli atti amministrativi e, con essa, chiedere che ti sia data copia di tutti gli atti a te notificati. Per verificare se si è prescritta l’imposta, dovrai presentare la domanda all’Ente competente (per Imu, Tasi, Tari, multe stradali di competenza della polizia municipale è il Comune; per le altre sanzioni di competenza della Prefettura è quest’ultima; per i contributi previdenziali o assistenziali sono competenti rispettivamente l’Inps e l’Inail).Una volta ricevuti le copie degli avvisi di ricevimento delle raccomandate (per le cartelle notificate a mezzo posta) o delle relazioni di notifica (per quelle invece notificate tramite messo comunale), potrai verificare se tutto è in regola, se la notifica è avvenuta all’indirizzo corretto, se la firma di ricevimento della busta è tua o se, in mancanza di consegna per tua momentanea assenza, è stata inviata la seconda raccomandata che ti avvisa della giacenza in Comune o alle Poste.

    Come fare a cancellare una cartella prescritta?

    Sembra quasi paradossale: per quanto la prescrizione sia una circostanza assai facile da verificare (basta saper contare fino a massimo 10), a volte cancellare una cartella prescritta è quantomai difficile. E ciò perché, se anche presenti una istanza in autotutela all’ente titolare del credito (il Comune, l’Agenzia delle Entrate, ecc.) questi di solito non rispondono. Se invii l’istanza all’Ente della Riscossione, questi invece si limita a inoltrarla all’ente titolare del credito e qui, di nuovo, la pratica si blocca.
    Non è neanche possibile impugnare la cartella prescritta perché notificata ormai molto tempo prima: sono pertanto decorsi i 60 giorni per il ricorso.

    Che soluzioni ci sono? Non c’è altro rimedio di impugnare un eventuale successivo atto notificato dall’Esattore (ad esempio un preavviso di pignoramento, di fermo o di ipoteca o un sollecito di pagamento) facendo rilevare che il credito è ormai caduto in prescrizione.
    Se la cartella prescritta non è stata neanche notificata si può impugnare anche l’estratto di ruolo, in qualsiasi momento, richiesto all’ufficio dell’Agente della Riscossione: un metodo “veloce” per cancellare il debito in tutta sicurezza senza dover attendere la successiva mossa dell’Agente per la riscossione.

venerdì 14 settembre 2018

Vendita immobile che si trova su un area per l’edilizia economica e popolare

Se si è  acquistato un appartamento in un piano di zona (PdZ) di Roma si è sicuramente usufruito di agevolazioni di natura economica. 

I costi legati a tali agevolazioni sono stati, a suo tempo, sostenuti dal Comune o dalla Regione, in parte tramite contributo diretto, in parte scontando al costruttore (e successivamente all’acquirente finale) parte dei costi di urbanizzazione e concessione. 

Ovviamente se si  è  acquistato con determinate regole, lo è per sempre: ossia,  il beneficio iniziale (sconto sul prezzo di acquisto) non riguarda solo il primo compratore, ma deve essere trasferito anche ai successivi proprietari; pertanto, io che sono proprietario dell’immobile, al momento della vendita ho due possibilità: o vendo la casa allo stesso prezzo agevolato (ovvero ai prezzi previsti sui contratti d’acquisto di oltre 20 anni fa, più le rivalutazioni di legge) oppure posso venderla al prezzo di mercato, ma in questo caso è necessario “affrancarsi” dal vincolo versando una somma al Comune in funzione della superficie dell’appartamento. 

Oltre alle agevolazioni di cui abbiamo parlato, il Comune a suo tempo diede un’ulteriore fattore di convenienza per i costruttori (e quindi sempre per gli acquirenti): anziché obbligare i costruttori ad acquistare il terreno (solitamente privato e quindi espropriato, o comunale) sul quale dovevano essere eretti gli edifici, ha fornito lo stesso in concessione per 99 anni (rinnovabili per ulteriori 99); al termine di tale periodo il terreno (e ovviamente le abitazioni che vi sono state costruite sopra) dovevano  tornare  di proprietà del Comune. 

Ciò significa che, quando  abbiamo comprato le abitazioni, non ne abbiamo acquisito la proprietà piena, ma il diritto di occupare la superficie del terreno per 99 anni, a partire dalla data di concessione (Diritto di Superficie). 

Ora il Comune, per alcune zone, ha  dato la possibilità, dietro pagamento di una somma contenuta e la stipula di un mini-rogito presso un notaio, di convertire il Diritto di Superficie in Diritto di Proprietà. 

Per procedere con questa operazione il PdZ deve essere inserito in una apposita delibera comunale e devono essere determinati i coefficienti per la determinazione dell’importo da corrispondere al Comune . 

Attualmente il Comune è stato sommerso di richieste di affrancazione così che si sono allungati i tempi di attesa, ciò ha comportato disagi a coloro che stavano con trattative avviate per la vendita del proprio immobile. 


Dopo quanto tempo non bisogna più pagare l’IMU?

  Dopo quanto tempo non bisogna più pagare l’IMU? La prescrizione delle imposte locali è sempre di 5 anni salvo nel caso del bollo auto.  Sp...