Condivido
e pubblico la seguente lettera aperta
Caro
Collega, ti scrivo perché vorrei coinvolgerti nel mio
desiderio di custodire quelli che ritengo siano i principali
valori della professione che siamo chiamati a svolgere. Una
professione che da sempre è finalizzata a tutelare i diritti
di coloro che diventano nostri clienti e che ripongono in noi
fiducia e speranza.
Ogni
giorno nei tribunali ha inizio una "partita" che ci vede
tutti avversari gli uni con gli altri. Ma non stiamo giocando una
partita di pallone, stiamo parlando di vite reali, e il nostro
impegno è sempre quello di garantire un'adeguata capacità difensiva
per dare voce alle ragioni del nostro cliente senza dimenticare che è
sempre bene avere il sospetto che una parte di ragione possa
albergare anche in chi è in quel momento il nostro avversario.
Nella
nostra professione, diciamolo pure, vincere è bello: da
soddisfazione anche a noi e non solo al cliente. Ma sappiamo bene
quanto sia difficile ottenere ragione. Non basta studiare il
carteggio e intuire la strategia difensiva più adeguata.
Ma
in questa "arena" non dobbiamo dimenticare che io e Te,
caro collega, siamo si avversari ma non certo rivali. La lealtà
e la correttezza devono sempre contraddistinguere l'agire di noi
Avvocati in quelli che sono stati definiti i templi della giustizia.
Allo
stesso modo la dignità ed il decoro devono sempre pervadere la
carriera forense giacché il nostro è un "mestiere" di
assistenza ed è necessario che i clienti possano nutrire fiducia e
rispetto nei nostri confronti.
L'illustre
collega Piero Calamandrei già negli anni '30 scriveva, a tal
proposito, nel suo libro "Elogio dei giudici scritto da un
avvocato": "... il popolo può non conoscere il suo
giudice, ma deve conoscere il suo avvocato e aver fede in lui come in
un amico liberamente scelto".
Ricorda,
caro Collega, che anche una causa persa può insegnare molto. Nei
Tribunali non dovremmo sentire affermazioni quali "Quell'avvocato
sì che è bravo!" o "Quell'avvocato ha vinto molte
cause!": non è il numero di cause vinte che celebra la bravura
di un Avvocato, ma principalmente il suo sapersi porre con rispetto
ed attenzione verso questa professione e verso i colleghi. Il
rapporto di colleganza è una delle basi del rispetto reciproco.
Non
è facile accettare una sconfitta e sappiamo bene quanto sia
difficile spiegarla poi al cliente, che si ostina a ripeterci le sue
ragioni senza considerare che nel vasto mondo del diritto, di
certezze ce ne sono davvero molto poche.
E'
affascinante nella nostra professione il pensiero di poter sciogliere
l'enigma su chi abbia ragione in una controversia ed è proprio la
curiosità di svelare questo arcano, così come la profonda volontà
di sapere a chi andrà il favore della Dea Bendata , che sin da
ragazzina mi ha fatto amare il famoso "cencio nero".
Caro
Collega, per aver successo nella nostra professione, non dobbiamo
stancarci mai, ribadisco "mai", di aprire i codici, di
leggerli e rileggerli, di consultare la giurisprudenza nelle sue
costanti e mutevoli evoluzioni: sono questi gli strumenti che ci
aiutano a risolvere anche i casi apparentemente più intricati. Sono
questi gli strumenti che, uniti all'impegno e alla diligenza, fanno
approdare l'uomo comune sulle rive dell'avvocatura.
Ed
ecco che associando alla dedizione verso lo studio del diritto anche
la nostra personale abilità, la nostra capacità di ascoltare prima
ancora di suggerire e consigliare, che possono nascere veri e propri
capolavori di eloquenza giuridica racchiusi in un atto processuale.
Carissimo
Collega forse il vero successo si costruisce nel rispetto della
Libertà e dei diritti, fedeli compagni della nostra professione:
solo l'indipendenza da ogni forma di potere e di pensiero, attuata
con la segretezza professionale che spesso ci fa da forte scudo
nell'espletamento della nostra opera, Ci renderà Avvocati liberi e
giusti.
Avv.
Luisa Camboni