mercoledì 11 gennaio 2017

Accesso agli atti: tutti i rimedi contro il rifiuto della Pa

Cosa fare se l’amministrazione rifiuta la richiesta di accesso agli atti o non si esprime entro il termine previsto? Ecco tutti i rimedi previsti.
Il 23 dicembre scorso è entrato in vigore il Foia(Freedom information act) che ha introdotto anche in Italia il cosiddetto accesso generalizzato. In pratica, d’ora in poi ogni cittadino potrà visionare e richiedere i documenti in possesso dell’amministrazione, in nome della massima trasparenza e della lotta alla corruzione
La richiesta d’accesso non va motivata ed è gratuita . L’amministrazione ha l’obbligo di rispondere entro 30 giorni. Se rigetta la richiesta o non si esprime, il cittadino ha una serie di rimedi a disposizione.


La richiesta di riesame al responsabile anticorruzione

Se l’amministrazione rigetta la richiesta d’accesso oppure non risponde entro 30 giorni dall’istanza stessa, il richiedente può presentare un’opposizione al responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza (cosiddetto «responsabile anticorruzione»). In pratica, il cittadino chiede a questo soggetto diriesaminare la decisione negativa dell’amministrazione, sperando questa volta in un esito favorevole.

Il responsabile anticorruzione è una figura scelta tra i dirigenti dell’ente pubblico, che si occupa ufficialmente di garantire la trasparenza e prevenire i fenomeni corruttivi all’interno dell’ente stesso.
Una volta presentata la richiesta di riesame, il responsabile anticorruzione deve pronunciarsi entro 20 giorni, con provvedimento motivato. Egli potrà confermare quanto deciso dall’amministrazione oppure cambiare la decisione di quest’ultima, concedendo l’accesso al richiedente.


Il ricorso al difensore civico

In alternativa, se la richiesta di accesso è stata presentata ad un’amministrazione regionale o locale (comune, provincia, città metropolitana), che l’ha rifiutata o non si è pronunciata nei 30 giorni previsti, il cittadino può fare ricorso al difensore civico competente nell’ambito territoriale di riferimento . Se in quell’ambito territoriale non è costituita questa figura, il ricorso si presenta al difensore civico dell’ambito territoriale immediatamente superiore (ad esempio, se non esiste un difensore civico nel proprio Comune, ci si rivolge a quello provinciale e, se non c’è nemmeno questo, a quello regionale).
Il difensore civico è un organo indipendente a cui i cittadini possono rivolgersi in caso di danni, ritardi, abusi, anomalie nei rapporti con la Pubblica amministrazione.

In ogni caso, il ricorso va notificato anche all’amministrazione interessata. Presentato il ricorso, il difensore civico si pronuncia entro 30 giorni. Se ritiene sbagliata la decisione della Pa, egli lo comunica sia al richiedente che alla stessa amministrazione: se quest’ultima non conferma il diniego o il differimento dell’accesso entro 30 giorni dal ricevimento di questa comunicazione, l’accesso agli atti sarà definitivamente consentito.


Il parere del Garante della privacy

Qualora l’accesso sia stato negato o differito per motivi riguardanti la tutela dei dati personali di un soggetto, sia il responsabile anticorruzione che il difensore civico possono chiedere un parere alGarante per la protezione dei dati personali (cosiddetto Garante della privacy). Quest’organo ha dieci giorni di tempo per emettere il parere. Durante questo periodo, i termini per la pronuncia del responsabile anticorruzione (20 giorni) o del difensore civico (30 giorni) rimangono sospesi, ricominciando a decorrere da quando il Garante emette il parere suddetto.


Il ricorso al giudice

In ogni caso, per il cittadino resta sempre la possibilità di rivolgersi al giudice, che in questo caso è il Tar (Tribunale amministrativo regionale). Il ricorso al giudice può essere presentato sia contro la pronuncia dell’amministrazione (diniego o differimento dell’accesso), sia contro la decisione di riesame del responsabile anticorruzione. Il ricorso va presentato entro 30 giorni dalle suddette decisioni .


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