Secondo le modifiche apportate dal decreto Dignità, il contratto a termine può avere una durata massima di 24 mesi, comprensivi di eventuali proroghe, ed un numero massimo di proroghe pari a 4.
Dopo
la scadenza del termine originario o validamente prorogato, o dopo il
periodo di durata massima complessiva di 24 mesi, il lavoro
può proseguire
di fatto:
- per 30 giorni (se il contratto ha una durata inferiore a 6 mesi);
- per 50 giorni (se il contratto ha una durata maggiore di 6 mesi).
In
queste ipotesi, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al
dipendente una maggiorazione retributiva per ogni giorno di
continuazione del rapporto, pari al 20%, fino al decimo giorno
successivo, ed al 40% per ciascun giorno ulteriore.
Se
il rapporto di lavoro oltrepassa il periodo di prosecuzione di fatto,
il contratto si considera trasformato da
tempo determinato a tempo indeterminato, a far data dal superamento
dei 30 o dei 50 giorni.
In
quali casi si può superare la durata massima del contratto?
Vi sono determinate ipotesi, però, nelle quali è consentito stipulare un nuovo rapporto a termine, nonostante siano raggiunti i 24 mesi cumulativi di tutti i periodi di lavoro a termine, compresi eventuali periodi di lavoro svolti in somministrazione, aventi ad oggetto mansioni equivalenti.
Il
nuovo contratto di lavoro, perché sia valido, deve essere stipulato
presso l’ispettorato territoriale competente, con l’assistenza di
un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative.
Possono
essere poi previste specifiche deroghe al superamento del periodo di
24 mesi da parte dei contratti collettivi.
Trasformazione in tempo indeterminato per mancato rispetto del periodo cuscinetto
Se
finisce un rapporto a termine e se ne intende stipulare un altro, è
necessario che trascorra un lasso di tempo tra il primo e il secondo
contratto (il cosiddetto periodo
cuscinetto,
o di stop and go), pari a:
10
giorni, se la durata del primo contratto è inferiore ai 6 mesi;
- 20 giorni, se la durata del primo contratto è superiore ai 6 mesi.
Gli
intervalli sono stati ridotti dal decreto del fare [2],
in quanto la riforma Fornero li aveva portati, rispettivamente, a 60
e 90 giorni; il decreto Dignità ha lasciato gli stessi giorni di
pausa, ma ha esteso l’applicazione del periodo di vacanza
contrattuale al contratto di somministrazione a termine, poi
nuovamente abrogato da un successivo emendamento.
Il
mancato rispetto di questo lasso di tempo determina
la conversione del
contratto a termine in contratto a tempo indeterminato.
rasformazione in tempo indeterminato per mancata indicazione della causale
Il
decreto Dignità ha reintrodotto le causali per il contratto a
termine, cioè l’obbligo di motivare le ragioni che giustificano il
ricorso al termine. Le causali sono obbligatorie, però, solo se il
contratto dura più di 12 mesi, e per ogni rinnovo del contratto o
proroga, se comporta il superamento della durata di 12 mesi del
rapporto.
La
stipula del contratto a tempo determinato superiore ai 12 mesi ed il
rinnovo del contratto a termine sono validi, in particolare, se le
ragioni che li determinano sono:
ragioni
temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività del
datore di lavoro, nonché sostitutive;
- ragioni connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.
In
assenza delle condizioni previste dalle causali, il contratto
si trasforma in
contratto a tempo indeterminato.
Trasformazione del contratto di somministrazione
La
somministrazione, rispetto al contratto a termine, è soggetta a meno
vincoli: ad esempio, non è previsto alcun periodo cuscinetto tra due
diversi contratti di somministrazione.
Tuttavia,
secondo le modifiche recentemente apportate dal decreto Dignità,
qualora siano superati 24 mesi di rapporto, si ha diritto
all’assunzione a tempo indeterminato da parte dell’agenzia; lo
stesso avviene in caso di superamento di 24 mesi di missione presso
uno stesso utilizzatore.
Diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato
Un’altra
possibilità di trasformazione del rapporto a tempo indeterminato
consiste nel diritto
di precedenza spettante
ai lavoratori. In particolare:
al
dipendente che ha prestato attività lavorativa con contratto a
termine per almeno 6 mesi, è riconosciuto un diritto di precedenza
nel caso in cui l’azienda effettui assunzioni a tempo indeterminato
entro un anno dalla cessazione del rapporto [3];
- il lavoratore a termine stagionale, invece, ha il diritto di precedenza riguardo eventuali nuove assunzioni a termine per le medesime attività stagionali [4];
- per le lavoratrici a termine in maternità, il periodo di astensione concorre a determinare il periodo di attività lavorativa utile a conseguire il diritto di precedenza, che può essere esercitato sia per le assunzioni a tempo indeterminato che a termine.
Per
far valere il diritto di precedenza, il lavoratore deve manifestare
tale volontà all’azienda entro 6 mesi dalla scadenza del contratto
(entro 3 mesi se stagionale). Il datore di lavoro deve informare il
lavoratore del diritto di precedenza nella lettera di assunzione.
[1] D.L.
78/2014.
[2] D.L.
63/2013.
[3] Art.
5, Co. 4quater, D.Lgs. 368/2001.
[4] Art.
5, Co. 4quinquies, D.Lgs. 368/2001.