L’installazione
di telecamere nascoste sul luogo di lavoro non solo è vietata
dallo Statuto dei lavoratori, ma integra anche il reato di violazione
della privacy. Secondo la Cassazione [1], il datore di lavoro
che spia il lavoratore nell’esercizio delle proprie mansioni,
occultando la video sorveglianza, può essere denunciato.
A
sorpresa, però, una sentenza della Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo [2] ritiene eccezionalmente lecite le telecamere
nascoste sul luogo di lavoro, senza previa informazione ai
dipendenti, se utilizzate per scoprire l’autore dei furti avvenuti
in azienda. Non quindi una finalità preventiva, volta cioè ad
anticipare ed evitare la commissione di reati, ma investigativa.
Vediamo meglio i dettagli di questa pronuncia e come si inserisce nel
quadro nazionale delle norme a tutela dei lavoratori e della loro
privacy.
Il
nostro Statuto dei lavoratori [3]
ammette
le telecamere
di video sorveglianza sui
luoghi
di lavoro solo
previo
accordo con i sindacati aziendali (o,
in caso di mancata intesa, su autorizzazione dell’ufficio
territoriale del lavoro) e comunque dandone adeguata informazione
ai dipendenti (che
non vanno tenuti all’oscuro di ciò). In presenza di tali due
requisiti, l’installazione è comunque ammessa in tre casi:
- quando necessario per tutelare la sicurezza sul lavoro: si pensi a una telecamera negli uffici della posta o allo sportello della banca per dissuadere le rapine;
- quando necessario per la tutela del patrimonio aziendale: si pensi a una telecamera nei reparti del supermercato, per evitare che la merce venga rubata dai clienti o dagli stessi dipendenti (se al precedente punto la finalità è la tutela delle persone – dipendenti e clienti – in questo caso la tutela è il patrimonio);
- per esigenze organizzative e produttive: si pensi a una telecamera posta sull’uscio del negozio per vedere se entrano clienti e riceverli oppure a quella posta nei pressi di un macchinario pericoloso, per verificare se funziona correttamente.
Al
di fuori di tali tre finalità, l’uso
delle telecamere è
sempre illecito. È illecito, ad esempio, se il datore di lavoro usa
la video sorveglianza per verificare se i dipendenti stanno lavorando
o piuttosto chiacchierano, escono o fanno la pausa caffè. E non
solo: pur ricorrendo uno dei tre predetti casi, la telecamera è
illegittima se la sua presenza non viene prima comunicata ai
lavoratori del reparto i quali devono sapere di essere inquadrati.
La
Cedu – ossia la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – ha
autorizzato l’installazione, in un negozio spagnolo, di telecamere
nascoste per evitare furti da parte dei dipendenti. L’azione non è
stata resa nota prima ai lavoratori proprio per fa sì di cogliere,
con le mani nel sacco, il responsabile.
La
decisione appare in contrasto con la normativa italiana, ma secondo
il Garante della Privacy la
limitazione
della riservatezza dei dipendenti può
essere giustificata da una serie di considerazioni che rendono
“speciale” il caso concreto. Difatti, l’installazione
di telecamere
nascoste sul
luogo di lavoro è stata, infatti, ritenuta ammissibile dalla Corte
solo perché, nel caso che le era stato sottoposto, ricorrevano
determinati presupposti: vi erano fondati e ragionevoli sospetti di
furti commessi dai lavoratori ai danni del patrimonio aziendale,
l’area oggetto di ripresa (peraltro aperta al pubblico) era
circoscritta, le videocamere erano state in funzione per un periodo
temporale limitato, non era possibile ricorrere a mezzi alternativi e
le immagini captate erano state utilizzate soltanto a fini di prova
dei furti commessi.
La
Cedu – ossia la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – ha
autorizzato l’installazione, in un negozio spagnolo, di telecamere
nascoste per evitare furti da parte dei dipendenti. L’azione non è
stata resa nota prima ai lavoratori proprio per fa sì di cogliere,
con le mani nel sacco, il responsabile.
La
decisione appare in contrasto con la normativa italiana, ma secondo
il Garante della Privacy la
limitazione
della riservatezza dei dipendenti può
essere giustificata da una serie di considerazioni che rendono
“speciale” il caso concreto. Difatti, l’installazione di
telecamere
nascoste sul
luogo di lavoro è stata, infatti, ritenuta ammissibile dalla Corte
solo perché, nel caso che le era stato sottoposto, ricorrevano
determinati presupposti: vi erano fondati e ragionevoli sospetti di
furti commessi dai lavoratori ai danni del patrimonio aziendale,
l’area oggetto di ripresa (peraltro aperta al pubblico) era
circoscritta, le videocamere erano state in funzione per un periodo
temporale limitato, non era possibile ricorrere a mezzi alternativi e
le immagini captate erano state utilizzate soltanto a fini di prova
dei furti commessi.
Il
requisito essenziale – sottolinea il Garante – affinché le
telecamere
nascoste sul lavoro,
anche quelle destinate ad evitare furti e a tutelare il patrimonio
aziendale, siano legittime resta dunque, per la Cedu, la loro
rigorosa proporzionalità rispetto al fine per il quale sono state
installate. Per la Grande Camera, le autorità nazionali devono
garantire un giusto equilibrio tra gli interessi in gioco ossia il
rispetto
della privacy da
un lato e, dall’altro lato, l’esigenza datoriale di proteggere i
propri beni e assicurare il buon funzionamento dell’attività
economica, soprattutto esercitando il proprio
potere
disciplinare.
note
[1] Cass.
sent. n. 4564/18 del 31.01.2018.
[2] Cedu
– Corte Europea dei Diritti dell’uomo – sentenza del
17.10.2019. Causa López Ribalda e altri contro Spagna; (Applications
nos. 1874/13 and 8567/13).
[3] Art.
4 Legge 300/1970.
articolo tratto da laleggepertutti.it