sabato 16 dicembre 2017

 La rinuncia alla proprietà


Come liberarsi di una proprietà immobiliare “fastidiosa”o di una quota di comproprietà immobiliare che comporta spese e adempimenti e che non è di nessuna utilità?

Sono domande che spesso ricorrono nella prassi quotidiana, specie di questi tempi in cui, tra imposte e difficoltà economiche, è diventato un lusso poter essere proprietari di immobili.
Ma si pensi anche al caso di chi ha ereditato un piccolo appezzamento di terreno in una località lontana, sperduta, mai frequentata; oppure al caso di chi si trova, sempre per ragioni ereditarie, a essere divenuto comproprietario  (magari per quota infinitesimale) di un rudere inutilizzato e inutilizzabile, che nessuno vuole comprare o ricevere in donazione e del quale comunque ci si vorrebbe disfare, anche senza ottenere alcun corrispettivo.
Come sbarazzarsi di questi beni se nessuno li vuole comprare perché – al pari del titolare – si ritiene la loro gestione un onere non facilmente sostenibile? Anche la donazione, in alcune situazioni, potrebbe essere non agevole. È vero che, a caval donato non si guarda in bocca, ma con il mercato immobiliare nulla è davvero “donato”.
 La rinuncia alla proprietà
Una soluzione efficiente può essere quella della rinuncia al diritto di proprietà o alla quota di comproprietà. Si tratta di una soluzione che non sempre il cittadino conosce perché viene raramente applicata, sia per ragioni di scarsa dimestichezza con questo “rimedio”, sia per il fatto che è argomento poco trattato sui testi di diritto, sia infine perché comunque l’idea che una proprietà si possa dismettere, rinunciandovi, è assai poco diffusa nella collettività, sia professionale sia non professionale.
C’è senz’altro familiarità con la rinuncia all’usufrutto (per effetto della quale il “nudo proprietario” torna a essere proprietario “pieno”) e con la rinuncia alla servitù (con la quale il fondo servente viene sgravato del peso da cui era onerato a vantaggio del fondo dominante), ma la rinuncia alla proprietà non è usualmente praticata.
In sintesi, la proprietà è rinunciabile unilateralmente da parte del titolare del diritto, senza che ci sia bisogno di trovare un altro soggetto che ne diventi – al posto suo – nuovo proprietario. Tutto ciò che occorre è un atto formato per iscritto [Art. 1350, n. 5, cod. civ. ] che deve essere trascritto nei Registri immobiliari [Art. 2643, n. 5 cod. civ ]“contro” il rinunciante.
L’effetto dell’atto è che la proprietà rinunciata diventa di titolarità dello Stato [Art. 827 cod. civ. ], il quale non può rifiutare, ma deve “subìre” l’ingresso nel suo patrimonio del diritto rinunciato dal precedente proprietario. In pratica, ogni cittadino può rinunciare alla titolarità di un proprio immobile e per ciò solo “regalarlo” allo Stato che non potrà mai rinunciare.
Anche la quota di comproprietà si può rinunciare (sempre con atto scritto, da pubblicare nei Registri immobiliari). In questo caso si ha un duplice effetto:
1. il diritto rinunciato non “passa” allo Stato ma agli altri comproprietari, che subiscono una proporzionale espansione della loro quota di comproprietà; essi non possono rifiutare questo effetto, ma possono a loro volta rinunciare, a “beneficio” degli altri comproprietari, fino a che ne rimanga uno solo (la cui eventuale rinuncia, infine, fa arrivare il bene rinunciato allo Stato);
2. se il comproprietario rinunciante aveva spese da sopportare a causa della sua comproprietà, la rinuncia alla quota di comproprietà ha un effetto liberatorio (Art. 1104 cod. civ.)  e quindi toccherà ai comproprietari “superstiti” farsi carico delle spese derivanti dalla comproprietà: sia di quelle già maturate, sia dia quelle che matureranno eventualmente in futuro.


lunedì 4 dicembre 2017

Banca dati cattivi pagatori: obbligo di comunicazione preventiva e tempi di permanenza. Le regole del Garante.

Non hai ancora pagato una rata del finanziamento e temi che questo ritardo possa comportare una segnalazione nella banca dati dei cattivi pagatori.

Quanti giorni di tolleranza sono dovuti ed è necessario avvisare il debitore con una comunicazione preventiva?
La segnalazione avviene in qualsiasi caso di ritardo oppure è consentita una tolleranza nei confronti di chi, come te, resta un soggetto affidabile (assunto e con stipendio), ma ha avuto solo difficoltà economiche?
Nell’ipotesi più nera in cui dovessi essere segnalato,per quanto tempo rimane la segnalazione nella banca dati?

Alle tue domande ha fornito una risposta, in questi giorni, il Garante della Privacy che ha adottato un provvedimento pubblicato proprio ieri in Gazzetta Ufficiale [Garante Privacy provv. n. 438/2017 del 26.10.2017 in Gazz. Uff. del 29.11.2017 ].

Vediamo cosa ha detto l’Autorità per la protezione dei dati personali.

Il preavviso di imminente registrazione

Il primo punto toccato dal Garante in merito alla segnalazione per il pagamento in ritardo del prestito riguarda la preventiva comunicazione al debitore.
La legge [Articolo . 4 co. 7, codice deontologico operatori finanziari ]prevede l’obbligo, per la banca o la finanziaria, di inviare al debitore, prima della segnalazione in Crif o in un tutte le altre banche dati definite Sic (così si chiamano i cosiddetti «Sistemi di informazioni creditizie»), una lettera in cui lo avvisa che, se non verserà il dovuto, verrà iscritto nella banca dati. Lo scopo della norma è rendere  edotto l’interessato delle conseguenze di un perdurante inadempimento, dandogli così la possibilità di sanarlo prima dell’iscrizione. Ebbene, su come debba essere trasmessa questa comunicazione si sono registrate, in passato, posizioni discordanti. Solo in tempi recenti la giurisprudenza ha detto che il mittente deve dimostrare non tanto la spedizione della missiva, ma l’effettivo ricevimento da parte del debitore.
Il Garante si allinea a questa interpretazione, più garantista per il soggetto finanziato, e chiarisce una volta per tutta che l’iscrizione nella lista nera può avvenire solo se la banca o la finanziaria dimostrano che l’avviso è stato ricevuto (o che l’interessato non lo ha voluto ricevere). In termini molto pratici significa che il preavviso di imminente registrazione va spedito con raccomandata a/r o posta elettronica certificata e non con lettera semplice. Se così fosse, non potendosi dimostrare l’effettivo ricevimento, l’iscrizione sarebbe illegittima e il debitore avrebbe diritto non solo alla cancellazione del nominativo, ma anche al risarcimento del danno.
Il preavviso va inviato almeno 15 giorni dell’iscrizione
Quando si può essere segnalati?
Un ritardo di pochi giorni di una singola rata non può essere causa di segnalazione alla banca dati dei cattivi pagatori. L’episodio infatti potrebbe dipendere da una momentanea indisponibilità di liquidi (ad esempio è il caso dello stipendio pagato con qualche giorno di ritardo). Ci deve essere invece la prova di una effettiva situazione di difficoltà economica che renda improbabile il rispetto di tutti gli altri patti e, a catena, il ritardo anche sulle successive rate. L’iscrizione alla centrale implica «una situazione del debitore non già di mero temporaneo e occasionale inadempimento, ma di vero e proprio stato di grave e non transitoria difficoltà economica del debitore, incapace di adempiere alle proprie obbligazioni».
«Non è pertanto sufficiente – sostiene la Cassazione [Cass. sent. n. 7958/2009. ] un mero ritardo nei pagamenti» ma è necessaria «una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione di insolvenza». In termini concreti vuol dire che, per la segnalazione alla Centrale rischi non è sufficiente che il debitore si sia solo dimenticato di pagare o non abbia potuto farlo per una transitoria difficoltà facilmente superabile; al contrario devono esserci fondati rischi che quest’ultimo si trovi davvero in crisi di liquidità ed è quindi verosimile che non paghi neanche le successive rate.

Per quanto tempo si resta segnalati?

Altro problema affrontato dal Garante riguarda i tempi di segnalazione nelle banche dati come Crif. Questi tempi, dice l’Authority, non possono mai superare cinque anni dalla cessazione del rapporto. La cancellazione deve avvenire in automatico, senza cioè una richiesta inviata dal debitore.

Vediamo allora quali sono i tempi di cancellazione delle segnalazioni negativein Cri e nelle altre Sic private:

  • anche una semplice richiesta di finanziamento viene segnalata. La durata è quella del periodo di tenuta dell’istruttoria del finanziamento e, comunque, non oltre 6 mesi.Se invece il cliente invece rinuncia al finanziamento, e quindi la procedura viene interrotta, i tempi di permanenza scendono a un mese soltanto;
  • finanziamenti rimborsati regolarmente: le restituzioni puntuali delle rate restano nelle banche dati per 36 mesi massimo dalla data di estinzione effettiva;
  • ritardi relativi a 1 o 2 rate o mensilità: 12 mesi dalla comunicazione di regolarizzazione, a condizione che nei 12 mesi i pagamenti siano sempre regolari;
  • ritardi relativi a 3 o più rate o mensilità: ​24 mesi dalla comunicazione di regolarizzazione, a condizione che nei 24 mesi i pagamenti siano sempre regolari;
  • finanziamenti non rimborsati (o con gravi morosità)​: 36 mesi dalla data di estinzione prevista o dalla data in cui l’istituto di credito ha fornito l’ultimo aggiornamento.
Il punto affrontato dal Garante è da il momento a partire dal quale decorrono questi termini. Secondo l’Autorità si deve considerare la scadenza contrattuale o la cessazione del contratto, mentre per gli altri specifici casi previsti dal Codice (cessione del rapporto a società di recupero crediti, o la cessione in blocco e cartolarizzazione dei crediti), il tempo di conservazione non può comunque mai superare i cinque anni dalla data di scadenza del rapporto.

Che succede in caso di ritardo nel pagamento?

In caso di ritardo nel pagamento di una rata del finanziamento, la banca o la finanziaria mandano il sollecito al correntista con l’avviso che, in difetto di pagamento, invieranno la segnalazione entro 15 giorni alla centrale. Se regolarizzi subito il ritardo l’informativa non verrà recepita alle Sic e alla Crif. L’obbligo della segnalazione vale però solo per la prima rata. Non vi sono obblighi di informare il cliente in caso di ritardi successivi al primo; in tali ipotesi infatti la segnalazione avviene mensilmente senza previo invio di raccomandata al debitore.


Che succede se chiedo un finanziamento?

Nel caso in cui un cliente chieda solo un preventivo prima di formalizzare una vera e propria richiesta di finanziamento. In tale momento, banche e finanziarie devono tener conto solo ed esclusivamente delle informazioni rese, direttamente e spontaneamente, dal consumatore, senza possibilità di accedere ai sistemi di informazione creditizia (Art. 124 Tub).



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  Dopo quanto tempo non bisogna più pagare l’IMU? La prescrizione delle imposte locali è sempre di 5 anni salvo nel caso del bollo auto.  Sp...