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giovedì 28 dicembre 2017
sabato 16 dicembre 2017
La rinuncia alla proprietà
Come liberarsi di una proprietà immobiliare “fastidiosa”o di una quota di comproprietà immobiliare che comporta spese e adempimenti e che non è di nessuna utilità?
Sono
domande che spesso ricorrono nella prassi quotidiana, specie di
questi tempi in cui, tra imposte e difficoltà economiche, è
diventato un lusso poter essere proprietari di immobili.
Ma
si pensi anche al caso di chi ha ereditato un
piccolo appezzamento di terreno in una località lontana, sperduta,
mai frequentata; oppure al caso di chi si trova, sempre per ragioni
ereditarie, a essere divenuto comproprietario (magari
per quota infinitesimale) di un rudere inutilizzato e inutilizzabile,
che nessuno vuole comprare o ricevere in donazione e del quale
comunque ci si vorrebbe disfare, anche senza ottenere alcun
corrispettivo.
Come
sbarazzarsi di questi beni se nessuno li vuole comprare perché –
al pari del titolare – si ritiene la loro gestione un onere non
facilmente sostenibile? Anche la donazione, in alcune situazioni,
potrebbe essere non agevole. È vero che, a caval donato non si
guarda in bocca, ma con il mercato immobiliare nulla è davvero
“donato”.
La
rinuncia alla proprietà
Una
soluzione efficiente può essere quella della rinuncia al
diritto di proprietà o alla quota di comproprietà. Si
tratta di una soluzione che non sempre il cittadino conosce perché
viene raramente applicata, sia per ragioni di scarsa dimestichezza
con questo “rimedio”, sia per il fatto che è argomento poco
trattato sui testi di diritto, sia infine perché comunque l’idea
che una proprietà si possa dismettere, rinunciandovi, è assai poco
diffusa nella collettività, sia professionale sia non professionale.
C’è
senz’altro familiarità con la rinuncia all’usufrutto (per
effetto della quale il “nudo proprietario” torna a essere
proprietario “pieno”) e con la rinuncia alla servitù (con
la quale il fondo servente viene sgravato del peso da cui era onerato
a vantaggio del fondo dominante), ma la rinuncia alla
proprietà non è usualmente praticata.
In
sintesi, la proprietà è rinunciabile
unilateralmente da
parte del titolare del diritto, senza che ci sia bisogno di trovare
un altro soggetto che ne diventi – al posto suo – nuovo
proprietario. Tutto ciò che occorre è un atto
formato per iscritto [Art.
1350, n. 5, cod. civ. ]
che
deve essere trascritto nei Registri immobiliari [Art.
2643, n. 5 cod. civ
]“contro”
il rinunciante.
L’effetto dell’atto
è che la proprietà rinunciata diventa di titolarità dello
Stato [Art.
827 cod. civ.
],
il quale non può rifiutare, ma deve “subìre” l’ingresso nel
suo patrimonio del diritto rinunciato dal precedente proprietario. In
pratica, ogni cittadino può rinunciare alla titolarità di un
proprio immobile e per ciò solo “regalarlo” allo Stato che non
potrà mai rinunciare.
Anche
la quota di comproprietà si può rinunciare (sempre
con atto scritto, da pubblicare nei Registri immobiliari). In questo
caso si ha un duplice effetto:
1. il
diritto rinunciato non “passa” allo Stato ma agli altri
comproprietari, che subiscono una proporzionale espansione della
loro quota di comproprietà; essi non possono rifiutare questo
effetto, ma possono a loro volta rinunciare, a “beneficio” degli
altri comproprietari, fino a che ne rimanga uno solo (la cui
eventuale rinuncia, infine, fa arrivare il bene rinunciato allo
Stato);
2. se
il comproprietario rinunciante aveva spese da
sopportare a causa della sua comproprietà, la rinuncia alla quota di
comproprietà ha un effetto liberatorio (Art.
1104 cod. civ.) e
quindi toccherà ai comproprietari “superstiti” farsi carico
delle spese derivanti dalla comproprietà: sia di quelle già
maturate, sia dia quelle che matureranno eventualmente in futuro.
lunedì 4 dicembre 2017
Banca dati cattivi pagatori: obbligo di comunicazione preventiva e tempi di permanenza. Le regole del Garante.
Non
hai ancora pagato una rata del finanziamento e temi che questo
ritardo possa comportare una segnalazione nella banca dati dei
cattivi pagatori.
Quanti
giorni di tolleranza sono dovuti ed è necessario avvisare il
debitore con una comunicazione preventiva?
La
segnalazione avviene in qualsiasi caso di ritardo oppure è
consentita una tolleranza nei confronti di chi, come te, resta un
soggetto affidabile (assunto e con stipendio), ma ha avuto solo
difficoltà economiche?
Nell’ipotesi
più nera in cui dovessi essere segnalato,per
quanto tempo rimane la segnalazione nella
banca dati?
Alle
tue domande ha fornito una risposta, in questi giorni, il Garante
della Privacy che ha adottato un provvedimento pubblicato proprio
ieri in Gazzetta Ufficiale [Garante
Privacy provv. n. 438/2017 del 26.10.2017 in Gazz. Uff. del
29.11.2017
].
Vediamo
cosa ha detto l’Autorità per la protezione dei dati personali.
Il preavviso di imminente registrazione
Il
primo punto toccato dal Garante in merito alla segnalazione per il
pagamento in ritardo del prestito riguarda la preventiva
comunicazione al debitore.
La
legge [Articolo
. 4 co. 7, codice deontologico operatori finanziari ]prevede
l’obbligo, per la banca o la finanziaria, di inviare al debitore,
prima della segnalazione in Crif o in un tutte le altre banche dati
definite Sic (così si chiamano i cosiddetti «Sistemi di
informazioni creditizie»), una lettera in cui lo avvisa che, se non
verserà il dovuto, verrà iscritto nella banca dati. Lo scopo
della
norma è rendere edotto l’interessato delle conseguenze di un
perdurante inadempimento, dandogli così la possibilità di sanarlo
prima dell’iscrizione. Ebbene, su come debba essere trasmessa
questa comunicazione si sono registrate, in passato, posizioni
discordanti. Solo in tempi recenti la giurisprudenza ha detto che il
mittente deve dimostrare non tanto la spedizione della missiva, ma
l’effettivo ricevimento da parte del debitore.
Il
Garante si allinea a questa interpretazione, più garantista per il
soggetto finanziato, e chiarisce una volta per tutta che l’iscrizione
nella lista nera può avvenire solo se la banca o la finanziaria
dimostrano che l’avviso è stato ricevuto (o che l’interessato
non lo ha voluto ricevere). In termini molto pratici significa che il
preavviso di imminente registrazione va spedito con raccomandata a/r
o posta elettronica certificata e non con lettera semplice. Se così
fosse, non potendosi dimostrare l’effettivo ricevimento,
l’iscrizione sarebbe illegittima e il debitore avrebbe diritto non
solo alla cancellazione del nominativo, ma anche al risarcimento del
danno.
Il
preavviso va inviato almeno 15 giorni dell’iscrizione
Un
ritardo di pochi giorni di una singola rata non può essere causa di
segnalazione alla banca dati dei cattivi pagatori. L’episodio
infatti potrebbe dipendere da una momentanea indisponibilità di
liquidi (ad esempio è il caso dello stipendio pagato con qualche
giorno di ritardo). Ci deve essere invece la prova di una effettiva
situazione di difficoltà economica che renda improbabile il rispetto
di tutti gli altri patti e, a catena, il ritardo anche sulle
successive rate. L’iscrizione alla centrale implica «una
situazione del debitore non già di mero temporaneo e occasionale
inadempimento, ma di vero e proprio stato di grave e non transitoria
difficoltà economica del debitore, incapace di adempiere alle
proprie obbligazioni».
«Non
è pertanto sufficiente – sostiene la Cassazione [Cass.
sent. n. 7958/2009.
]
un
mero ritardo nei pagamenti» ma è necessaria «una situazione
patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non
transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non
coincidente, con la condizione di insolvenza». In termini concreti
vuol dire che, per la segnalazione alla Centrale rischi non è
sufficiente che il debitore si sia solo dimenticato di pagare o non
abbia potuto farlo per una transitoria difficoltà facilmente
superabile; al contrario devono esserci fondati rischi che
quest’ultimo si trovi davvero in crisi di liquidità ed è quindi
verosimile che non paghi neanche le successive rate.
Per quanto tempo si resta segnalati?
Altro problema affrontato dal Garante riguarda i tempi di segnalazione nelle banche dati come Crif. Questi tempi, dice l’Authority, non possono mai superare cinque anni dalla cessazione del rapporto. La cancellazione deve avvenire in automatico, senza cioè una richiesta inviata dal debitore.
Vediamo allora quali sono i tempi di cancellazione delle segnalazioni negativein Cri e nelle altre Sic private:
- anche una semplice richiesta di finanziamento viene segnalata. La durata è quella del periodo di tenuta dell’istruttoria del finanziamento e, comunque, non oltre 6 mesi.Se invece il cliente invece rinuncia al finanziamento, e quindi la procedura viene interrotta, i tempi di permanenza scendono a un mese soltanto;
- finanziamenti rimborsati regolarmente: le restituzioni puntuali delle rate restano nelle banche dati per 36 mesi massimo dalla data di estinzione effettiva;
- ritardi relativi a 1 o 2 rate o mensilità: 12 mesi dalla comunicazione di regolarizzazione, a condizione che nei 12 mesi i pagamenti siano sempre regolari;
- ritardi relativi a 3 o più rate o mensilità: 24 mesi dalla comunicazione di regolarizzazione, a condizione che nei 24 mesi i pagamenti siano sempre regolari;
- finanziamenti non rimborsati (o con gravi morosità): 36 mesi dalla data di estinzione prevista o dalla data in cui l’istituto di credito ha fornito l’ultimo aggiornamento.
Il
punto affrontato dal Garante è da il momento a partire dal quale
decorrono questi termini. Secondo l’Autorità si deve considerare
la scadenza contrattuale o la cessazione del contratto, mentre per
gli altri specifici casi previsti dal Codice (cessione del rapporto a
società di recupero crediti, o la cessione in blocco e
cartolarizzazione dei crediti), il tempo di conservazione non può
comunque mai superare i cinque anni dalla data di scadenza del
rapporto.
Che succede in caso di ritardo nel pagamento?
In caso di ritardo nel pagamento di una rata del finanziamento, la banca o la finanziaria mandano il sollecito al correntista con l’avviso che, in difetto di pagamento, invieranno la segnalazione entro 15 giorni alla centrale. Se regolarizzi subito il ritardo l’informativa non verrà recepita alle Sic e alla Crif. L’obbligo della segnalazione vale però solo per la prima rata. Non vi sono obblighi di informare il cliente in caso di ritardi successivi al primo; in tali ipotesi infatti la segnalazione avviene mensilmente senza previo invio di raccomandata al debitore.
Che succede se chiedo un finanziamento?
Nel caso in cui un cliente chieda solo un preventivo prima di formalizzare una vera e propria richiesta di finanziamento. In tale momento, banche e finanziarie devono tener conto solo ed esclusivamente delle informazioni rese, direttamente e spontaneamente, dal consumatore, senza possibilità di accedere ai sistemi di informazione creditizia (Art. 124 Tub).
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