mercoledì 27 giugno 2018

Cartelle non pagate: pignoramento immediato sulle somme depositate in banca


Dopo 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento, se il contribuente non agisce per contestarla, il debito “si solidifica”, ossia diventa definitivo. A questo punto, quindi, l’agente della riscossione ha un anno di tempo per avviare un pignoramento. Se scadono i 365 giorni, sarà prima necessaria inviare una intimazione di pagamento.
agente della riscossione deve far in modo che il proprio credito non cada in prescrizione. Il termine della prescrizione varia a seconda dell’imposta: 3 anni per il bollo auto; 5 per l’Imu, la Tasi, la Tari, le multe stradali e le altre sanzioni; 10 per tutte le altre imposte erariali.
Arriviamo ora al tasto dolente: quello del pignoramento o anche detto “esecuzione forzata esattoriale”. Qui valgono regole completamente diverse rispetto il pignoramento intrapreso da soggetti privati. Innanzitutto, la procedura si svolge fuori dal tribunale. Quindi non c’è bisogno di un giudice o di un ufficiale giudiziario. L’agente della riscossione procede autonomamente. Ad esempio, il pignoramento del conto corrente avviene con una lettera inviata alla banca che contiene l’ordine di bloccare le somme depositate dal debitore; il pignoramento dello stipendio si concretizza con un ordine inviato al datore di lavoro di operare la trattenuta sullo stipendio (un decimo per stipendi fino a 2.500 euro; un settimo per stipendi fino a 5.000 euro; un quinto per stipendi superiori a 5.000 euro); il fermo dell’auto avviene con una semplice iscrizione del vincolo fatta in via telematica e così anche l’ipoteca. Ed anche l’esecuzione immobiliare ha delle forme e procedure completamente diverse da quelle ordinarie.
In questo caso ci soffermeremo sul pignoramento del conto corrente bancario per chi non ha pagato le cartelle esattoriali.
Chi non paga le cartelle di pagamento può subire il pignoramento diretto del conto senza intervento del giudice. Per capire meglio come stanno le cose facciamo un esempio.
Giuseppe e Antonio non hanno pagato alcune cartelle esattoriali e ora sono entrambi debitori di 5mila euro a testa nei confronti di Agenzia Entrate Riscossione. Mario è un lavoratore dipendente che riceve sul conto corrente la sua busta paga, mentre Giovanni è una partita Iva.
L’esattore procede a pignorare ad entrambi il conto corrente. In tutte e due le ipotesi non ha bisogno di un’autorizzazione del giudice, ma può procedere in autonomia, senza cioè un processo o un’udienza in tribunale. Così invia una lettera alla banca di Mario e a quella di Giovanni in cui intima loro di “bloccare” le somme dei loro clienti.
Senonché il pignoramento avviene in due modi diversi: per Mario, che è un lavoratore dipendente, il pignoramento potrà avvenire solo per la parte di deposito bancario che supera 1340 euro circa (il triplo dell’assegno sociale). Quindi su 2mila euro può essere bloccata solo la differenza tra 2000 e 1340 pari cioè a 660 euro. Per tutte le mensilità successive e fino a totale estinzione del debito, Mario subirà una trattenuta di volta in volta pari a un decimo (se ha uno stipendio non superiore a 2.500 euro), un settimo (se ha uno stipendio non superiore a 5.000 euro) o un quinto (se ha uno stipendio superiore a 5.000 euro);
per Giovanni che invece non è un lavoratore dipendente il pignoramento potrà avvenire su tutte le somme depositate sul conto e anche su quelle che interverranno successivamente, fino ad estinzione del debito.






mercoledì 13 giugno 2018

PRESCRIZIONE DEL BOLLO AUTO


La Cassazione ha decretato lo stop all’interpretazione delle Regioni (evidentemente errata) secondo cui la prescrizione del bollo auto sarebbe di dieci anni.( Cass. ord. n. 13819 del 1.06.2018)
Il bollo auto si prescrive in tre anni.
Attenzione però: la prescrizione inizia a partire non dall’anno in cui è dovuto il versamento ma dal 1° gennaio successivo. Ad esempio, se il bollo scade a luglio 2018, i tre anni iniziano a decorrere dal 1° gennaio 2019, il che significa che la prescrizione si compie solo alla mezzanotte del 31 dicembre 2021. Ogni richiesta di pagamento intervenuta entro tale arco di tempo interrompe la prescrizione e fa ripartire il termine da capo (per altri tre anni). Viceversa, le richieste successive ai tre anni sono illegittime e possono essere contestate.
Lo stesso discorso vale per le cartelle di pagamento contenenti la richiesta di pagamento del bollo auto. Anche per queste la prescrizione si compie dopo solo tre anni e non dieci. Come affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione (cass. sent. n. 23397/16 del 17.11.2016. ], nonostante la cartella esattoriale non sia stata impugnata e sia divenuta definitiva, essa non è equiparabile a una sentenza (per la quale la prescrizione è di 10 anni), ma mantiene la sua natura di atto amministrativo. Dunque la prescrizione resta quella dello specifico tributo il cui versamento è richiesto con la cartella stessa che, nel caso del bollo auto, è – come detto – di tre anni.

Come si contesta il bollo auto prescritto?

Se ti dovesse arrivare una lettera, da parte della Regione, con cui ti viene intimato il versamento della tassa automobilistica per periodi precedenti agli ultimi tre anni, puoi contestarla. Per evitare di imbarcarti in una causa davanti alla Commissione Tributaria, puoi prima chiedere lo sgravio tramite una istanza in autotutela, indirizzata alla Regione stessa. Potrai inviarla con raccomandata a/r o con posta elettronica certificata. In caso di mancata risposta, e purché non siano decorsi 60 giorni dalla richiesta, puoi impugnare l’atto davanti al giudice che, nel caso in questione, è appunto la Commissione Tributaria Provinciale. Se l’importo contestato non supera 3mila euro puoi difenderti anche da solo.

Dopo quanto tempo non bisogna più pagare l’IMU?

  Dopo quanto tempo non bisogna più pagare l’IMU? La prescrizione delle imposte locali è sempre di 5 anni salvo nel caso del bollo auto.  Sp...