Dopo
60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento, se il
contribuente non agisce per contestarla, il debito “si solidifica”,
ossia diventa definitivo. A questo punto, quindi, l’agente della
riscossione ha un anno di tempo per avviare un pignoramento. Se
scadono i 365 giorni, sarà prima necessaria inviare una intimazione
di pagamento.
’agente
della riscossione deve far in modo che il proprio credito non cada in
prescrizione. Il termine della prescrizione
varia
a seconda dell’imposta: 3 anni per il bollo auto; 5 per l’Imu, la
Tasi, la Tari, le multe stradali e le altre sanzioni; 10 per tutte le
altre imposte erariali.
Arriviamo
ora al tasto dolente: quello del pignoramento o anche detto
“esecuzione forzata esattoriale”. Qui valgono regole
completamente diverse rispetto il pignoramento intrapreso da soggetti
privati. Innanzitutto, la procedura si svolge fuori dal tribunale.
Quindi non c’è bisogno di un giudice o di un ufficiale
giudiziario. L’agente della riscossione procede autonomamente. Ad
esempio, il pignoramento
del conto corrente avviene
con una lettera inviata alla banca che contiene l’ordine di
bloccare le somme depositate dal debitore; il pignoramento
dello stipendio si
concretizza con un ordine inviato al datore di lavoro di operare la
trattenuta sullo stipendio (un decimo per stipendi fino a 2.500 euro;
un settimo per stipendi fino a 5.000 euro; un quinto per stipendi
superiori a 5.000 euro); il fermo
dell’auto avviene
con una semplice iscrizione del vincolo fatta in via telematica e
così anche l’ipoteca.
Ed anche l’esecuzione immobiliare ha delle forme e procedure
completamente diverse da quelle ordinarie.
In
questo caso ci soffermeremo sul pignoramento
del conto corrente bancario per
chi non ha pagato le cartelle
esattoriali.
Chi
non paga le cartelle di pagamento può subire il pignoramento diretto
del conto senza intervento del giudice. Per capire meglio come stanno
le cose facciamo un esempio.
Giuseppe
e Antonio non hanno pagato alcune cartelle esattoriali e ora sono
entrambi debitori di 5mila euro a testa nei confronti di Agenzia
Entrate Riscossione. Mario è un lavoratore dipendente che riceve sul
conto corrente la sua busta paga, mentre Giovanni è una partita Iva.
L’esattore
procede a pignorare ad entrambi il conto corrente. In tutte e due le
ipotesi non ha bisogno di un’autorizzazione del giudice, ma
può procedere in autonomia, senza cioè un processo o un’udienza
in tribunale. Così invia una lettera alla banca di Mario e a quella
di Giovanni in cui intima loro di “bloccare” le somme dei loro
clienti.
Senonché
il pignoramento avviene in due modi diversi: per Mario, che è un
lavoratore dipendente, il pignoramento potrà avvenire solo per la
parte di deposito bancario che supera 1340 euro circa (il triplo
dell’assegno sociale). Quindi su 2mila euro può essere bloccata
solo la differenza tra 2000 e 1340 pari cioè a 660 euro. Per tutte
le mensilità successive e fino a totale estinzione del debito, Mario
subirà una trattenuta di volta in volta pari a un decimo (se ha uno
stipendio non superiore a 2.500 euro), un settimo (se ha uno
stipendio non superiore a 5.000 euro) o un quinto (se ha uno
stipendio superiore a 5.000 euro);
per
Giovanni che invece non è un lavoratore dipendente il pignoramento
potrà avvenire su tutte le somme depositate sul conto e anche su
quelle che interverranno successivamente, fino ad estinzione del
debito.