Nessuno
vieta la comunicazione
commerciale attraverso e-mail con
offerte (la maggior parte delle quali promettono di essere
imperdibili). Nessuno lo vieta purché il titolare della casella di
posta elettronica abbia
dato il proprio consenso al
mittente. Altrimenti è una violazione
della privacy,
quindi una violazione della legge. Si chiama spam,
o spamming che
dir si voglia.
Quale
danno può creare lo spamming?
Innanzitutto costringere il destinatario dei messaggi a una
grandissima perdita di tempo. Apri, leggi, cestina, svuota il
cestino. Così diverse volte durante il giorno. E perdere tempo
significa, a volte, perdere denaro.
Ma
se i messaggi
pubblicitari che
arrivano vengono ignorati, quindi nemmeno aperti, letti e cestinati,
si rischia anche l’intasamento della casella di posta elettronica.
Con il risultato che quel messaggio importante che si aspettava non
riesce ad arrivare perché l’utente ha l’e-mail piena. Pensate se
fosse la risposta di un avvocato per una causa in corso, di un medico
per una visita o per il risultato di un esame importante,
dell’azienda presso la quale si è fatto un colloquio di lavoro.ù
C’è,
infine, il fastidio di trovarsi costretti ogni giorno a fare pulizia
nella propria casella di posta elettronica
Si
possono ipotizzare, dunque, dei danni
patrimoniali e
non
patrimoniali per
lo spam? E, in questo caso, il danno
da spamming dà
diritto
al risarcimento?
Nessun
risarcimento per il danno da spamming
Mettete
il cuore in pace: per il danno
da spam
non
c’è alcun diritto al risarcimento.
Lo ha ribadito recentemente la Corte di Cassazione (Cass.
sent. n. 3311/2017)
che
si era già espressa in merito e con lo stesso orientamento
Intendiamoci:
la Suprema Corte non nega il fatto che lo spam leda in modo
inequivocabile il diritto
alla protezione dei dati personali previsto
e tutelato dalla Costituzione italiana, dalla Convenzione europea dei
Diritti dell’Uomo e dal Codice della privacy (Dlgs.
n. 196/2003) in
vigore nel nostro Paese. E nella sentenza c’è anche scritto che
questa violazione provoca un danno
non patrimoniale.
Qual
è il problema, allora, secondo la Cassazione? Il problema è che
affinché un danno possa essere risarcibile, occorre verificare la
gravità e la serietà del danno stesso.
L’interessato, cioè la vittima dello spamming,
deve aver subìto una perdita. Ma non soltanto di tempo. Entrambe le
valutazioni (sulla gravità della lesione e sulla serietà del danno)
spettano alle corti di merito, vale a dire tribunali ordinari e corti
d’appello.
Cosa
si rischia per avviare una causa per spam
Mai
reagire troppo d’istinto quando si apre la casella
di posta elettronicae
si scoprono dei messaggi
pubblicitari non desiderati.
Se l’impulso è quello di dire «faccio una denuncia in tribunale»
a pagare le conseguenze potrebbe essere proprio la vittima
dello spam.
Questo
perché, nella sentenza in commento, la Cassazione ha pure condannato
il ricorrente a pagare le spese
processuali e 1.500
euro per
responsabilità aggravata. Ma come?
Il
fatto è che, dicono gli Ermellini, arrivare fino alla Suprema Corte
per una scocciatura sulla casella di posta elettronica è un abuso
dello strumento processuale.
Pretendere il risarcimento di un danno pari a 360 euro, consistente
in un disagio o fastidio tollerabile per aver ricevuto 10
e-mail non desiderate in 3 anni,
è come pretendere l’ergastolo per chi ha rubato un pollo. Insomma
– sostiene la Cassazione – se la quantità è tollerabile, lo può
essere anche il danno. Per quanto i mittenti dei messaggi commerciali
si siano comportati in modo illecito.
Se,
invece, si esagera, la cosa cambia: su decine di messaggi
pubblicitari non voluti ma ricevuti ogni santo giorno si può
discutere.
Cosa
rischia chi invia messaggi non desiderati per e-mail
Quindi,
per un danno
da spam proprio
nulla da fare? Non è proprio così. Nessun
risarcimento,
questo è certo. Ma. Per la serie «chi si accontenta gode», è
possibile fare una segnalazione
al Garante per la privacy,
inoltrandogli l’e-mail incriminata (anche fino a 10 volte in 3
anni: secondo la Cassazione sarebbe un fastidio tollerabile) e
qualche spiegazione in merito.
Cosa
può fare il Garante? Può
chiedere delucidazioni al mittente dei messaggi commerciali non
desiderati a proposito del trattamento dei dati personali del
destinatario, per valutare se è stata commessa qualche infrazione
alla legge che li tutela.
Se
il trattamento
dei dati è
stato illecito,
il responsabile dello spam può essere punito con una sanzione
pecuniaria tra 10.000 e 120.000 euro per ogni e-mail inviata
e non desiderata da ogni singolo cittadino che ha fatto segnalazione.
Se, come quello che aveva fame e si comprò il ristorante, il
mittente ha commesso un illecito veramente grave, l’Authority
può bloccare
o vietare il trattamento dei dati che
ha violato la legge.
C’è
un versante penale in tutto questo? C’è. Riguarda chi, per trarne
profitto o recare ad altri un danno, invia spam creando qualsiasi
tipo di conseguenza negativa a chi riceve il messaggio. Lo spammatore
in questione (si chiama così?) rischia da 6
mesi a 1 anno e mezzo di reclusione.